PFAS nell’acqua potabile: ACS favorevole al principio di causalità per il risanamento

In futuro, nella definizione dei valori limite per le PFAS cancerogene (sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate) si dovrà tenere conto, oltre che dei rischi per la salute e l’ambiente, anche dell’applicabilità e delle conseguenze economiche, come richiesto dalla mozione 25.3421.

Come ha spiegato oggi la sindaca di Nidau e membro del comitato dell’ACS Sandra Hess alla CAPTE-N (Commissione dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia del Consiglio nazionale), l’ACS ha una visione fondamentalmente critica nei confronti delle richieste della mozione. Sebbene i criteri economici e l’applicabilità siano importanti nella definizione dei valori limite per le PFAS, per l’Associazione è chiaro però che la protezione dell’acqua e quindi la protezione della salute pubblica devono essere in primo piano.

Allo stesso tempo, l’ACS è consapevole del fatto che il trattamento dell’acqua potabile stia diventando sempre più impegnativo per i fornitori di acqua comunali a causa dei valori limite più severi per le PFAS. Oggi le città e i comuni devono investire dei milioni per rispettare i valori limite più stringenti.

In linea con la mozione 20.3052 (respinta nella sessione estiva), l’ACS chiede però l’introduzione di un sistema di finanziamento basato sul principio «chi inquina paga», invece di far pagare solo i comuni e i cantoni per il rispetto dei valori limite per l’acqua potabile. L’Associazione fa riferimento al finanziamento del risanamento delle PFAS in caso di inquinamento del suolo, che si basa sul principio «chi inquina paga» e al quale anche la Confederazione contribuisce per il 40 per cento dei costi. L’ACS respinge pertanto la mozione 25.3421.